di Rosaria Ferreri
Di solito l'infiammazione è intesa come un processo acuto, di breve durata e che spesso si risolve spontaneamente senza lasciare importanti conseguenze. Tuttavia l'infiammazione può anche essere meno evidente, assumere un andamento cronico, subdolo, e rappresentare uno delle cause principali di molte patologie degenerative o di un invecchiamento precoce. Infatti, secondo i più recenti studi, almeno sette delle dieci principali cause di morte sono dovute ad uno stato di infiammazione cronica di basso livello (chronic low-level inflammation): infarto, cancro, bronchiti croniche, ictus, Alzheimer, diabete e nefrite.
I principali fattori di rischio sono legati :
-alla età dei soggetti, nei giovani i prodotti dell'infiammazione, come ad esempio le citochine, aumentano normalmente solo in risposta alle infezioni o ai traumi, mentre negli anziani questi prodotti possono essere costantemente elevati, soprattutto le IL-6 e il TNF-alfa , anche in assenza di patologie manifeste, forse per una disfunzione mitocondriale. L’ influenza dell’età si riflette anche sui livelli di testosterone e di estrogeni che sono in grado di reprimere la secrezione di diversi fattori dell'infiammazione, tra cui IL-1β, IL-6, TNF-α, NF-kβ). Quando questi valori si riducono con l’età i livelli di fattori infiammatori (IL-1β, IL-6, TNF-α)tendono ad innalzarsi favorendo l’insorgenza di patologie “infiammatorie”, come l'aterosclerosi, l'asma nelle donne e l'artrite reumatoide negli uomini.
- al peso dei soggetti: ricordiamo che il tessuto adiposo è un organo endocrino, che accumula e secerne numerosi ormoni e citochine, influenzando il metabolismo di tutto l'organismo. Soprattutto le cellule adipose producono sia il TNF-α che la IL-6 e in particolare quello che si accumula a livello viscerale (addominale). In particolare, le cellule adipose addominali possono produrre tre volte la quantità di IL-6 fino al 35% di tutto quello che viene prodotto nell’intero organismo. Inoltre il tessuto grasso può essere infiltrato dai macrofagi, anch'essi produttori di citochine pro-infiammatorie.
- al tipo di dieta e alla presenza di un eccesso di peso: è noto che una dieta ricca di grassi saturi, di grassi TRANS e di zuccheri è associata alla presenza dei marker dell'infiammazione (IL-6, TNF-α, IL-8, PCR), soprattutto nel caso di soggetti obesi. Diete relativamente ricche di alimenti con alto Indice Glicemico e Carico Glicemico sono state associate ad un aumentato rischio di ictus, malattie cardiovascolari e diabete di tipo II, soprattutto negli individui obesi. Infine, lo zucchero in eccesso si trasforma in trigliceridi che vengono poi immagazzinati come grasso che, come abbiamo visto, aumenta i prodotti dell'infiammazione. D’altro canto, molti studi dimostrano che la restrizione calorica e una dieta frugale riducono sensibilmente i livelli di fattori dell'infiammazione.
- alla presenza di inquinanti, in primis il fumo di sigaretta che contiene diversi induttori dell'infiammazione, soprattutto radicali liberi e può incrementare la produzione di diverse citochine pro-infiammatorie (TNF-α, IL-1β, IL-6, IL-8) e allo stesso tempo diminuire il potere antiossidante endogeno.
- lo stress, sia emotivo che fisico, che è in grado di aumentare il rilascio di citochine pro-infiammatorie (IL-6). Quando lo stress provoca insonnia o sonnolenza diurna o l'apnea notturna ( spesso associata anche al dismetabolismo) si possono riscontrare livelli aumentati di TNF-α e IL-6.
Quindi, un moderno approccio nutrizionale nelle patologie infiammatorie si basa sul riconoscimento dell’importante ruolo del metabolismo nella patogenesi dell’infiammazione. Infatti , nella moderna diagnostica delle patologie infiammatorie , sono utili anche dosaggi relativi a parametri tipicamente legati al metabolismo tra cui anche il livello di insulina e di glicemia a digiuno (che dovrebbe essere compresa tra 3 e 8 uIU/ml, mentre la glicemia dovrebbe essere 70-80 mg/dl): se i due valori aumentano, oltre ad essere campanello d’allarme per resistenza insulinica e prediabete, sono un indice di stato infiammatorio. Altri indici sono: la presenza di LDL ossidate, la prevalenza dei derivati dell’acido arachidonico, l’aumento dei radicali liberi nel sangue e l’aumento dell’omocisteina che indica una sofferenza organica legata all’infiammazione metabolica.
La ricerca in campo nutrizionale ha anche sottolineato che , se da un lato esiste un tipo di alimentazione pro-infiammatoria , soprattutto basata sulla prevalenza di alimenti ad elevato indice glicemico ( in primis gli zuccheri semplici e le farine raffinate e di olii industriali raffinati), dall’altro sono state individuate alcune sostanze presenti in alimenti ( di origine prevalentemente vegetale) che possono agire in senso preventivo ma anche curativo nei confronti di diverse patologie; di qui il concetto di “nutraceutico” , parola che deriva dalla sintesi di “nutrizione “ e “farmaceutico” ovvero di sostanze o gruppi chimici che agiscono a diversi livelli del metabolismo come dei veri e propri farmaci, antagonisti dell’infiammazione e di tutte le vie che conducono alla infiammazione attraverso la stimolazione del mediatore più studiato che è l NF-KB: l’ECGC(epigallocatechinagallato) del tè verde, la curcumina, l’ acido oleico dell’ olio di oliva, gli Omega 3 del pesce, le antocianine dei frutti rossi, la quercetina delle cipolle, ecc.
Ecco quindi che vi sono delle raccomandazioni su uno stile alimentare tra cui emerge la riduzione degli zuccheri e delle calorie totali introdotte con la dieta: questa è una strategia in grado di rallentare l’invecchiamento e di aumentare la durata della vita in molti modelli animali (es. vermi, moscerini della frutta, lieviti, topi, ratti, cani). L’estensione della durata della vita mediata dalla restrizione calorica e maggiore se la riduzione dell’introito calorico viene iniziata nei topolini subito dopo lo svezzamento. Un aumento significativo della vita massima si può osservare quando la restrizione calorica viene iniziata in animali adulti (12 mesi di età, all’incirca a 50 anni di età di un uomo). Nell’uomo non è affatto facile mantenere un regime di restrizione calorica per tutta la vita e gli inconvenienti possono essere maggiori dei benefici: per questo si può pensare a terapie basate sui meccanismi molecolari della CR. I meccanismi consistono in alterazioni del metabolismo energetico, della risposta al danno ossidativo, della sensibilità insulinica, dell’infiammazione e dei sistemi neuroendocrino, paracrino e riproduttivo. Non è più una questione solo di calorie, ma in questo meccanismo interviene anche un gruppo di sostanze chiamate sirtuine, enzimi dipendenti da NAD+ , che mediano numerose risposte metaboliche e comportamentali alla CR. La sirtuina più studiata è la SIRT-1, che agisce sugli adipociti attraverso il PPAR (Peroxisome Proliferator-Activated Receptor) e che attiva il metabolismo ossidativo nel muscolo, grasso e fegato, aumentando la sensibilità all’insulina e bloccando l’invecchiamento, controlla la gluconeogenesi epatica e attiva i geni necessari per il digiuno prolungato, incentivando la formazione di corpi chetonici e controllando l’infiammazione. Esistono cibi che hanno sostanze attivatrici di questi enzimi; la lista è abbastanza lunga, comprende:
- tè Matcha (ECGC)
- Noci (acido gallico)
- Levistico o sedano di monte (quercitina)
- Prezzemolo (apigenina e miricetina)
- Cicoria rossa (luteolina)
- Cipolla rossa (quercitina)
- Rucola (quercitina e kaempferolo)
- Soia (daidzeina e formononetina)
- Fragole e frutti rossi (fisetina e polifenoli)
- Curcuma (curcumina)
- Vino rosso (resveratrolo e piceatannolo)
- Cacao (epicatechina)
- Sedano (apigenina e luteolina)
- Peperoncino (luteolina e miricetina)
- Cavolo (kaempferol e quercetina)
- Grano saraceno (rutina)
- Datteri Medjool (acido gallico e acido caffeico)
- Capperi (kaempferol e quercetina)
- Caffè (acido caffeico e acido clorogenico)
- Olio extravergine d'oliva (oleuropeina e idrossitirosolo
Quindi gli alimenti possono essere utilizzati prima dei farmaci all’interno di una dieta ben congegnata seguendo anche semplici regole, come quella citata del “ Five a day the color way” , ovvero cinque porzioni al giorno di alimenti di colore differente , sebbene dietro questa semplice strategia si nasconde una valutazione molto precisa sul potere di ogni singolo alimento di neutralizzare la formazione dei radicali liberi ( sostanze capaci di determinare un danno sulla membrana cellulare ).
Non meno importante è il ruolo dei grassi nella dieta : alcuni di questi, come l’ omega 3 EPA (Ac . eicosapentenoico), è un acido grasso benefico in quanto inibisce l’enzima delta-5-desaturasi. Così facendo blocca la trasformazione di omega-6 ad acido arachidonico e riduce la formazione di “eicosanoidi cattivi” ed in particolare di PGE2. Quando viene mantenuto un corretto equilibrio alimentare e si assumono solo limitate quantità di omega-6 e dosi adeguate di EPA, gli omega-6 tendono ad accumularsi come DGLA in quanto EPA inibisce l’enzima delta-5-desaturasi. Si ha quindi produzione di “eicosanoidi buoni”, ovvero di sostanze che agiscono in senso antiinfiammatorio .
E’ anche stato dimostrato che la carenza di micronutrienti può portare a malattie cronico-degenerative attraverso quel meccanismo che favorisce la sopravvivenza nell’immediato rispetto alla salute a lungo termine. Il nostro organismo attiverebbe un meccanismo che favorisce la produzione di ATP a scapito della riparazione del DNA, i globuli rossi rispetto a quelli bianchi, il cuore rispetto al fegato e tale risposta accelera le malattie cronico-degenerative, quali cancro, il decadimento cerebrale e l'invecchiamento prematuro (ipotesi di AMES).
Vi è poi un meccanismo particolare che può condurre ad uno stato infiammatorio cronico: ed è quello legato all’intestino: e se da un lato esistono meccanismi di attivazione delle reazioni immunitarie a livello intestinale legati al consumo in eccesso di Acidi grassi saturi, che inducono attivazione di TLR2 e TLR4 ( mentre assumere più PUFA comporta soppressione della via TLR, NF-kB e dell’infiammazione), un ruolo importante lo hanno anche le allergie alimentari o mediate attraverso gli alimenti E’ consigliabile escludere gli alimenti che vi accorgete provocarvi reazioni avverse come prurito, sfoghi dermici, reazioni di gonfiore, intestino scombussolato. In genere questo può succedere con le Solanacee (pomodori, peperoni, melanzane, patate, peperoncino, tabacco, bacche di Goji) e alimenti che liberano istamina (funghi, spinaci, agrumi, fragole, crauti ed alimenti fermentati, formaggi stagionati o erborinati, affettati, tonno conservato, aringhe, acciughe, sarde, cacao, cioccolato, vino e alcolici, frutta secca, alimenti integrali, ananas, papaya, mango).
Nella Tabella 1 è riassunto lo stile nutrizionale da intraprendere per una efficace azione antiinfiammatoria ed è a questa che rimando per ulteriori “ISTRUZIONI PER L’USO”.
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Tabella 1
Rosaria Ferreri
Medico chirurgo- Specialista in Virologia- Fitoterapia- Omeopatia- Nutrizione Clinica Referente Scientifico del Centro Ospedaliero di Medicina Integrata per i percorsi non oncologici- AslSudEst Toscana- Pitigliano